CRITICAL ANTHOLOGY OF ART > TUTTE LE ESPOSIZIONI
Prof. Carlo Franza,
illustre Storico dell’Arte Contemporanea di piano internazionale
Scrive Carlo Franza: “La fotografia, arte sovrana, ha raccontato la modernità prima e la postmodernità oggi, con scatti che hanno reso la realtà sollecitata da un progress di sequenze continue e visibilmente elastiche,come il fotodinamismo futurista di Anton Giulio Bragaglia, processo quest’ultimo che ha sollecitato il recente lavoro di Pasquale Petrucci, artefice di alterazioni (edifici) e dinamismi (persone) urbani. Un teatro sofisticato di immagini anonime, eclatanti, disincantate,surrogate, selvagge, ingenue, sfasate ed enigmatiche,azzardo di un quotidiano franto e squarciato ma anche allusivo, sottinteso,seduttivo e patologicamente volto al verso naturale. Il sogno si svela così reale, pronto a scoprirsi in una luce viziata che maschera il corpo innamorato delle strade, dei rioni, della città,del territorio, e brucia di colori atmosferici la fetta ripresa, i confini con i suoi ritmi, i luoghi dove palpitano sembianze umane,architetture immerse nella vespertina alterità, miraggi insistenti e implacabili. Le immagini svelano la fortuna e la traccia dei miraggi, gli straniamenti di quest’operazione sacrificale che invita come in un’estasi a chiudere gli occhi e guardare sotto la spinta di pulsioni optical,mentre una telecamera cattura fantasmi e irrequiete ombre,naufragi a ondeggiamenti,tracce e guizzi, artifici di un occhio sicuro che sa cogliere il vano dell’esistenza. Così Pasquale Petrucci con fiuto formativo e corrosivi scatti s’è mosso alla produzione di capitoli dove ha proiettato la transitorietà e la bellezza del mondo, nella diversità e nell’evocazione,scoprendo vertigini, bave di vuoto, filamenti di assedio, ingombri ramosi, ombre in movimento, frammenti di fenditure, macule spoglie, colori febbricitanti, annunciando una rete di alfabeti visivi diversi che sono ormai il ritratto della sua nuova contaminazione”.
Paesaggi della mente
Ada Patrizia Fiorillo
docente di Storia dell’Arte Contemporanea – Università degli Studi di FERRARA
Da un paio di anni Pasquale Petrucci lavora ad un ciclo, cui ha dato il titolo di “Nuraghe contemporanee”, per il quale, quasi ossessivamente, fa ricorso all’immagine di un’iconografia urbana, quella dei cosiddetti cimiteri delle auto, che, ridotte a carcasse, finiscono, accatastate, con l’occupare spazi periferici della città, pur sempre appartenenti alla geografia dello sguardo. Sono composizioni che direi formulate alla luce di una dislocazione temporale: immagini, in sostanza, che l’artista ha memorizzato, restituendole con la presa di una fissità fotografica, secondo la prospettiva di una rigida composizione, col pensiero rivolto, evidentemente, a quelle case-fortezza di antichissima origine, costruite con mattoni troncoconici di pietra. Nuraghe contemporanee, per l’appunto, sul cui taglio di immobilità interviene la fascinazione del lessico e degli impaginati propri alla corrente della metafisica che l’artista richiama sovente in svariate testimonianze, come dettato-guida del proprio percorso creativo. Salvo poi a dover rilevare che le sue composizioni sono il frutto di studiate manipolazioni digitali. In sostanza, a precisare quanto sostenevo innanzi, l’artista lavora sul filo di un tempo duplice che lo spinge all’indietro, a riconsiderare il messaggio dechirichiano, fino ad assumerlo come motivo conduttore di questi dipinti, ed al tempo stesso in avanti, giungendo a tali narrazioni attraverso le più recenti pratiche di elaborazione “virtuale”. Nulla di strano del resto, dal momento che si tratta per una parte del contenuto e per l’altro della forma. Io sarei tentata pertanto, con l’occhio della distanza, vale a dire del non coinvolgimento diretto, a rileggere l’esperienza creativa di Petrucci fuori dall’inquadramento in una poetica i cui richiami appaiono labili ed anche un po’ rischiosi, come a dire occlusivi, per l’attualità della sua ricerca. Collocando cioè la “pittura metafisica” per l’artista a livello di suggestione, giacché l’incanto di quella stagione, delle motivazioni che l’avevano generata nella stessa resa dei mezzi espressivi con i quali cercava di penetrare il mistero del reale, appaiono oggi di certo irripetibili, direi che va scorta, al contrario, nei suoi dipinti un’originale capacità di rapportarsi al quotidiano, di coglierne attraverso un’immagine prescelta, l’inquietudine, il disagio, le tensioni che accompagnano non solo la propria, ma una moltitudine di esistenze. In qualche modo Petrucci rivolge la propria attenzione ad un “paesaggio” che il XX secolo ci ha restituito come immagine tecnologica ed urbana, concentrandosi su un frammento di esso, nel quadro di una più generale indeterminatezza che vuole ormai, fino ai nostri giorni, completamente disgregata la possibilità di disegnare del reale un’immagine unitaria o quanto meno coerente allo sviluppo della storia umana. Forse è proprio rispetto a questo stato di coscienza, radicalizzata nella percezione soggettiva dello scenario nel quale siamo immersi, a doversi leggere l’inclinazione dell’artista alla ripetizione del soggetto iconico assunto, quasi una forma di coazione, favorita dall’uso stesso del mezzo espressivo. Si è detto infatti che Petrucci ha scelto il linguaggio della “medialità” come tecnica prevalente di queste creazioni che assurgono al valore di pittura, sia che si tratti di quelle tecniche miste, ottenute dall’amalgama di fotografia e colori ad olio, sia di quelle che lui chiama “fotocomposizioni” risultanti dall’applicazione della sola pratica digitale. Una scelta quest’ultima non casuale, da leggersi come valore aggiunto alla necessità di comunicare. Rimangono infatti centrali ed anche più icastiche in questo percorso opere quali Composizione NV 033, Elemento modulare viola, Equilibrio rosso, Clessidra, Fuego tutte del 2005, dove appunto l’artista gioca sull’interferenza della modulazione cromatica come elemento fondante della composizione che accoglie e distribuisce secondo svariate prospettive formali il medesimo soggetto (le auto demolite) seguendo ora la svettanza di precari equilibri verticali, ora la perpendicolarità di una linea orizzontale, fino all’accumulo (l’attrazione ascetica della montagna) o alla saturazione della pagina come in Fuego. Un’opera quest’ultima tra le più intriganti del ciclo, dove il soggetto si fa segno-scrittura, simbolo, assunto oltre il valore decorativo, quale tramite al disegno di uno scenario impenetrabile. Si tratta di paesaggi della mente, sui quali, ad acuire la percezione dell’artefatto, interviene la luce fredda del monitor, uniformante pur nella variazione delle stesure cromatiche. Campiture nette di rossi e neri, di verdi e blu, di grigi e blu, di gialli e rossi, artatamente studiati nel dosaggio di tinte e di toni. Soni i medesimi colori che, animati, ricompaiono nelle tecniche miste dove Petrucci si avvale dei pennelli, per riempire con la corposità dell’olio, vuoti ed interstizi creatisi nella registrazione fotografica del soggetto. Concettualmente la fuga da un possibile horror vacui si lega ad una variazione tecnica che ripropone per questi “paesaggi” l’esercizio della pittura dal quale l’artista è partito e che non ha mai tralasciato, al punto da recuperarlo, con maggiore evidenza, nelle ultime opere anch’esse inserite in questa serie. Esperienze nate dall’interazione tra linguaggi, forse tramite di nuovi sviluppi. Va da sé pertanto che questa pittura di geometrie solide e vivacemente colorate, di corpi vuoti e di armonie alluse (la ricorrente tromba), rompe il silenzio dal quale erano partite le inquietanti “nuraghe”. Nella prospettiva di uno straniamento, ne scompagina l’ordine formale. Quell’ordine attraverso il quale Petrucci ha insinuato la propria percezione della realtà, “enigmatica”, rimemorativa, perché carica di una forte tensione esistenziale. Un dato questo che ne ha sorretto buona parte del ciclo. Su questa spinta infatti l’artista ha aperto gli occhi sullo scenario contemporaneo, ne ha manipolato la sua connotazione di paesaggio, rincorrendo in qualche modo il “presagio” della sua disgregazione.
marzo 2006
Presentazione critico letteraria delle opere pittoriche di P.Petrucci
curata da C A R L A R U G G E R
Association International des Critiques Littèraires-P A R I S –
Il trascendente: ecco la parola-chiave che dovrebbe recare maggior consapevolezza all’esistenza umana – pure se la finitudine ci appartiene, pure se lo sguardo non oltrepassa la linea tenue d’orizzonte.Esiste lo sguardo introspettivo,quel cercarsi dentro in un delirio quieto di sensi e spirito e da quell’ ancestrale recesso, proiettare all’esterno uno sguardo puro levigato da ogni scoria-impedimento. L’arte pittorica di Petrucci Pasquale – arricchita di simboli, si rafforza in virtù di un colore impresso -ora con lievità-talora con spessore materico, o ancora, con la “forza collerica” che appartiene all’autore e al colore- questa entità che ci appartiene nel profondo e in vari aspetti seduce e turba, si sottomette perchè possiamo accogliere con i nostri occhi (G O E T H E ):”la totalità, ossia, l’equilibrio perfetto, perchè la ricerca della vita si avvale dei colori,dei suoni,da tutto ciò che i nostri sensi avvertono del mondo esterno e che forse,tutto sommato,esiste già dentro di noi.”
Dunque,inoltrarsi in questo percorso della memoria -memoria che si avvale della frammentarietà della vita,che si “nutre ” delle cose apparentemente inutili ma che nel contesto esse danno la misura della nostra esistenza- è necessario all’Autore nel raggiungimento di un’Idea, confidare in questa per raggiungere il fruitore, colui che non sa ma che porta in se il germe della conoscenza talora appiattita,o spenta, derivante dallo scenario epocale in cui sta vivendo.
Solo all’Artista è concesso il dono di indagare l’origine dell’essere ,il suo trasformismo, proiettarsi in una dimensione non estranea alla sua sete di appropriarsi delle verità ,o , parte di essere. Dono e sofferenza, indagine rigorosa,creatività-incontro.Questo lo scopo altissimo di un’Arte che tutto concede e tutto toglie se viene a mancare la purezza del gesto che è memoria e sintesi.Pasquale Petrucci ha in sè la forza creativa che lo spinge nel vasto mare delle possibilità, delle variabilità di un incontro con il materiale coloristico per una metafisica concezione delle cose e del mondo.Parlare di questa particolarissima visione che investe in forma teorica e pratica l’arte di Petrucci ,è addentrarsi in substrati di coscienze in cui affluiscono scopi e intenti, proiezioni dinamiche che sfociano in realtà rivissute e trasformate,in cui il fruitore possa rischiare la sua introspezione per nuova libertà di pensiero, di comunicazione.
Concretamente affermo che le personalità pittoriche di Petrucci assumono nello scenario artistico odierno una connotazione singolare-emergono con l’intrinseca peculiarità che è quella del comunicare-Cosa?L’oggetto trasfigurato e collocato nell’atto di evidenziare stati d’animo complessi -non solo: affermare che la loro comparsa non è mera intrusione -ma connotare, respingere l’ordinario,”illuminare” per istanti la comune visione di ciò che anima e ci circonda,affinchè il pensiero giunga a considerazioni che esulino dalla quotidianeità del vivere. Aggiungiamo l’introspettiva visione di una natura con i suoi”tagli” che incidono sul paesaggio in movimento. Essi sciolgono ancestrali legami che talora resistono per condurci in una corrente fluida di pensiero e sentimento del vivere .
Evidente la forza evolutiva del colore,quella spinta interna propulsiva,che anima le figure,gli interni-quel “paesaggio” dall’apparente immobilità, che risplende di luce propria e nel contempo ci raggiunge ,penetra nella nostra individualità di esseri finiti e irragionevoli.La donna-entità insostituibile,diventa e assume per volontà dell’autore- trasfigurata impreziosita da quel proporre elementi -chiave a diversificare la sua esistenza,a coglierla nell’affermazione di un reale che va oltre lo stesso- in uno spazio o dimensione che esula da tutto perchè unica e irripetibile la sua “entrata” nel mondo- mondo che lo stesso Autore desidera per la Donna libero da schemi e imposizioni-un emergere dal terreno della storia rivestita di una nuova identità- figura atipica in una dimensione che si affranca dalla materialità per giungere alla trascendenza,rompere il possibile e là -emergere con il suo enigma,le risposte incomplete ma che tuttavia danno la misura che la verità sta tra le cose e il mondo.
Pasquale Petrucci -con la sua indagine rigorosa verso una visione metafisica- apre una breccia verso questa direzione di idealità e di bellezza in cui l’osservatore possa incontrare una verità nel fondo delle cose o degli eventi che via via assumono metamorfosi e trascendenze nell’ordinario ritmo della vita. Da questo incontro-scontro con una realtà disarmante, la libertà di cogliere ciò che sta oltre -ciò che non si afferra,ma che è, esiste in noi, vive nell’animo dell’artista come una meta percorribile che lo condurrà in ipotesi illuminanti e di perfezione.
C A R L A R U G G E R
CASA DELL’ARTE Mestrino PADOVA
GABRIELLA NIERO
Tra figurazione e astrazione geometrica cresce e si sviluppa la poetica del maestro PETRUCCI PASQUALE che gradualmente raggiunge esiti compositivi calibrati.Gli oggetti nello spazio sono un motivo di ispirazione costante,un mezzo per scomporre la forma,per renderla inedita e vibrante.Il colore segue le modulazioni delle geometrie creando originali effetti di luce.
GABRIELLA NIERO
NATASHA BORDIGLIA associazione culturale diip
Il mondo delle auto demolite costituisce l’orizzonte entro cui si muove il ciclo di opere NURAGHE CONTEMPORANEE, di cui fanno parte i pannelli Equilibrio Rosso e Clessidra. Il riferimento alla problematica del riciclaggio è costante e nelle due opere appena citate è accentuato dalla composizione. In Equilibrio Rosso le automobili si distribuiscono secondo linee ascendenti la cui forma porta l’occhio a vagare e a focalizzare l’attenzione ora su un dettaglio, ora su un altro, per poi perdersi nel rosso dello sfondo. La lettura diviene possibile solo a distanza dove l’accumulo assume l’aspetto di penisola, di terra invasa da rottami, circondata da un mare ormai lontano dal suo colore originario. Il gioco delle interferenze tra il soggetto rappresentato e il modo in cui occupa lo spazio si fa più esplicito in Clessidra dove è evidente il richiamo alla dimensione temporale, già dichiarata dal titolo stesso dell’opera.I colori scelti da Petrucci per questo pannello concorrono al senso generale dell’opera in cui la richiesta di attenzione per l’ambiente diviene ora monito.
NATASHA BORDIGLIA
ALICE CASTELLANI Urbs Urbis Collettiva d’Arte VERONA
L’artista affronta la dimensione della città in chiave europea, con uno sguardo capace, attraverso composizioni urbane, di evocare la connessione profonda tra canoni di bellezza differenti. Da una parte la fredda linea architettonica, dall’altra la morbida curva del corpo umano. Entrambe si lasciano modellare dalla luce per meglio evidenziare la propria bellezza. I modelli urbani presi in considerazione sono le principali capitali Europee, per rafforzare attraverso il linguaggio universale dell’arte, la consapevolezza dell’arricchimento collettivo del patrimonio artistico in una Europa unita. La tecnica mista vede foto in bianco e nero antichizzate sposarsi con i colori a olio su tela.
ALICE CASTELLANI
MARIAROSARIA BELGIOVINE
L’artista vive ed opera a Salerno, le sue opere sono visibili nella galleria virtuale del suo sito personale. La sua ricerca scorre fluida verso ansie comunicative guidate dalla sua introspezione artistica. Le opere di Pasquale Petrucci esaltano la traccia oculare; l’Artista si esprime con grande forza di creatività risolvendo costruzioni architettoniche, e filtrando figure simboleggianti strutture ed impostazioni segniche. La verticalità dell’opera combina vivaci armonie della memoria, in grado di definire un suo linguaggio espressivo, traducendo le atmosfere simboliche con metafore della realtà. Petrucci traduce la sua libertà di comunicare con impegno e metodico studio, costantemente assorto nella sua fantastica creazione di mondi paralleli, cercando forme di energia emozionale nelle quali identificarsi ed estrarre forza vitale, vivacizzando la visione di ogni tema narrato con descrizione ai confini dell’incoscio.
MARIAROSARIA BELGIOVINE